Il Kilimangiaro

Guardando oltre il margine di un altopiano coperto di arbusti, in distanza si scorge il bianco massiccio del Kibo ammantato di neve, una veduta da brivido, quasi incredibile: fredda e innevata, l’immensa stratificazione si innalza sulla torrida pianura, invitante e incantevole, una promessa di fresca aria di montagna e di sollievo dal caldo e dalla polvere che soffocano le basse quote. “Vasto come il mondo intero, grandioso, alto e incredibilmente candido nel sole”, come scrisse Ernest Hemingway nel suo racconto Le nevi del Kilimanjaro, con un’altitudine di 5963 metri il Kilimanjaro è la montagna più elevata dell’Africa e la più alta montagna isolata del mondo (tutte le vette maggiori del continente sono infatti parte di catene montuose) ed è uno dei più grandi vulcani che mai sia “esploso” sulla crosta terrestre.

Attualmente estinto, l’immenso cono misura 80 chilometri di diametro alla base ed è composto da tre crateri principali: Shira a ovest, Mawenzi a est e Kibo nel mezzo. Il Kilimanjaro è situato ad appena tre gradi a sud dell’Equatore, sul confine nord-orientale della Tanzania, nel cuore dell’Africa orientale.

Ubicata ai piedi della montagna, la cittadina di Moshi prospera sul business turistico e in tal senso è favorita dal clima equatoriale, ma durante la stagione delle piogge le precipitazioni possono essere tanto massicce da giungere a inondare le strade sabbiose in pochi minuti, perché in questa regione la piovosità è un fenomeno complesso: infatti, se le quote inferiori ricevono la pioggia solo sporadicamente, i declivi superiori del monte sono soggetti a una media annuale di circa 175 centimetri di precipitazioni.

Nella fascia mediana, sulle pendici meridionali e orientali le piogge formano numerosi corsi d’acqua che confluiscono nei fiumi Pangani e Tsavo e nel lago Jipe, ai piedi del vulcano, mentre sul versante settentrionale ha origine lo stesso fiume Tsavo e su quello settentrionale è localizzato il lago Amboseli.

Le pendici del Kilimanjaro presentano diverse aree di vegetazione, variabili dalla semiaridità della macchia che caratterizza il tavolato circostante la montagna alla fertilità del versante meridionale, dalle dense foreste tropicali alle brughiere aperte, fino alle aree desertiche di tipo alpino che colonizzano l’area sommitale del massiccio, dove sopravvivono soltanto manciate di erbe filamentose e di vigorose piante da fiore.

Oltrepassate le magnifiche foreste che prosperano sui fianchi della montagna, ricche di volatili, di scimmie e di fiori selvatici come le orchidee, i gigli e gli anemoni, si incontrano le vaste praterie che ammantano le rotondeggianti colline vulcaniche. In alto, le brughiere possiedono molte piante e arbusti interessanti che comprendono protee, lobelie e fiori simili alle margherite; in quest’area è possibile imbattersi in un’antilope intenta a brucare, ma ancora più in alto gli animali più grossi scompaiono e lasciano il dominio della montagna ai nettarinidi dal ciuffo rosso, ai corvi dalla nuca bianca e agli stiaccini di montagna.

L’aspetto più notevole del Kilimanjaro non è tuttavia costituito dai declivi, dalle foreste, dalla vita selvatica o dalle magnifiche vedute offerte dalla vetta, bensì si manifesta nell’immagine stessa che si vede risplendere sullo sfondo della maggioranza dei panorami della regione: fu proprio questa veduta incomparabile a condurre Hemingway e un numero incalcolabile di altri autori, nella descrizione di una delle montagne più belle del mondo, a nuove vette letterarie.